Un “naso elettronico” per fiutare il tumore al polmone. È la nuova speranza in campo medico per la diagnosi precoce della malattia. Un’idea che prende spunto dall’infallibile fiuto dei cani che, in molteplici circostanze, si rivelano fondamentali per l’uomo.
Il cosiddetto “naso elettronico” si deve ai ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia che, grazie ad un finanziamento di 150 mila euro da parte dell’Airc. Si tratta di un dispositivo pensato, appunto, per la diagnosi del tumore al polmone al suo stadio iniziale. Nel far ciò, il margine di sconfitta della malattia può raggiungere l’80 per cento di possibilità.
Un dispositivo “canino”
Il “naso” si ispira a quello dei cani, utilizzati nel corso della ricerca. A questi animali, infatti, erano sottoposti dei campioni di urine, dei quali solo uno era appartenente ad un paziente colpito dal tumore al polmone. I cani, semplicemente annusando le urine, sono stati in grado di individuare il campione corretto grazie al loro fiuto.
In pratica, ad essere intercettata dal naso dei cani e, oggi, anche da quello elettronico, è la cellula tumorale dei composti organici volatili, VOC in breve. Questi vengono emessi quando è presente la malattia. Il metodo per la diagnosi non è assolutamente invasivo poiché sottopone il paziente ad un semplice test come soffiare in un tubo – proprio come si fa per il test alcolemico.
“Il prossimo passo sarà quello di studiare insieme i tre fluidi biologici del corpo (esalato, sangue e urine) per scoprire in modo ancora più preciso il tumore del polmone a uno stadio iniziale”, ha spiegato Roberto Gasparri, chirurgo toracico dello Ieo.
In naso elettronico, attualmente, è dotato di 8 sensori, ma si prospetta che in futuro possa essere incrementato di altri due sensori. Tuttavia, ciò comporterà un costo più elevato di quello attualmente a disposizione. Circa 7 mila euro potrebbe dunque essere il costo finale, contro i 1.200 del dispositivo attuale.
Le ricerche, comunque, continuano e, se i risultati saranno confermati, questo tipo di diagnosi sarà il primo passo che precederà lo screening sui soggetti a rischio. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of Breath Research.