La prima legge della robotica cita: “un robot non può recare danno ad un essere umano”. E così non è stato. Tanto che un automa oggi è in grado persino di ferire un uomo deliberatamente. Fu così che, con buona pace di Isaac Asimov e delle sue tre leggi, ci accingiamo a violarle tutte. E per volere delle nostre stesse creazioni.
Sembra di rivedere alcune immagini delle pagine di Frankestein, romanzo o film. La creazione che si ribella al suo artefice. In questo modo, nello stesso identico modo, l’uomo sta giungendo al risultato (non) voluto di farsi del male con le proprie mani. E, semplicemente, con la creazione di un dispositivo dotato delle fantomatiche potenzialità fornite dalla sempre più celebrata Intelligenza Artificiale.
Frankestein 2.0
Suddetta creazione trova i suoi natali nell’Università di Berkeley e il novello Dottor Frankestein dei giorni nostri ha un nome più rassicurante, tale Alexander Reben, ingegnere presso la stessa università. Meno assicurante, però, è il robot dotato di braccio meccanico e comandato da una piattaforma. L’intelligenza artificiale fa il resto. Ovvero “decide” spontaneamente e secondo un libero arbitrio finora appannaggio di una mente dotata di neuroni e sinapsi, di “voler” ferire un dito con un ago. La scelta è molto semplice: farlo o non farlo.
Tutti noi, scettici e favorevoli, favorevoli e contrari, ci stiamo probabilmente chiedendo l’utilità di tale congegno. Bene, la risposta ce la fornisce lo stesso Reben il quale, a spada tratta, chiarisce di aver sviluppato il dispositivo proprio allo scopo di sensibilizzare la discussione, alimentare le opinioni in merito ai rischi connessi alle intelligenze artificiali che, ahinoi, sono sempre più evolute. “La grande preoccupazione sulle intelligenze artificiali è che possano andare fuori controllo”, dichiara l’ingegnere.
Certo, il pericolo di un ammutinamento in versione robotica verso l’uomo è effettivo. I rischi sono ben evidenti e ricerche ed esperimenti camuffati da prove evidenti di dimostrazioni della capacità intrinseca di un robot ad agire sono anch’essi ben reali. “Io sto provando che robot pericolosi possono esistere, dobbiamo assolutamente confrontarci sul tema. Le persone più disparate, esperti di legge, filosofia, ingegneria ed etica devono mettersi insieme per risolvere queste questioni, nessuno può farlo da solo”.
Secondo il nostro modesto avviso, qualche paletto andrebbe messo. Vada per il robot avvita bulloni e per quello ad alta precisione utilizzato nelle sale operatorie; vada per l’automa che sostituisce il soldato in guerra o per gli arti robotici che permettono all’uomo di tornare a muoversi. Ma il controllo della mente no. Forse, almeno questo, sia concesso solo ad un animale pensate.